Anche gli insegnanti di yoga si ammalano? Ebbene sì, siamo TUTTI esseri mortali e assolutamente normali, e ci ammaliamo più o meno gravemente come tutti quanti. Questo allora significa che anche lo yoga non funziona come dovrebbe, così come qualcuno chiede provocatoriamente?
Yoga non è altro che l’unione di corpo, mente e spirito. Praticare yoga più e più volte a settimana per 25 lunghi anni, non ti rende automaticamente immortale o un “Unto dal Signore”!!! La malattia diventa una grande sfida e un processo di guarigione anche e soprattutto per l’ego di un insegnante o di un abile e veterano praticante, che umilmente deve riallinearsi e accettare di avere ancora molta strada e cammino evolutivo da compiere su questo piano di esistenza, proprio come ogni altro essere vivente che viaggia ancora qui in nostra compagnia.
Il nostro corpo si manifesta attraverso la malattia per portare la nostra attenzione a ciò che stiamo vivendo e che dobbiamo cambiare, a ciò che non va più bene o a ciò che dobbiamo accettare. ll termine “malattia” deriva da mala-actio ossia mala-azione. Azione errata. Ciò che noi comunemente interpretiamo come il castigo di una “malattia”, in realtà non è altro che il tentativo perfetto e puntuale attraverso il quale il corpo cerca di parlarci per ritornare al suo innato equilibrio.
La pratica costante e duratura dello yoga quindi, anche se non sempre è in grado di preservarci da malattie e disagi fisici, porta però inevitabilmente a cambiare la nostra visione d’insieme della realtà, della vita e della morte, della salute e della malattia o dovrebbe quantomeno portarci a farlo.
Tutto ciò che esiste nell’Universo è armonico, dinamico, in continua evoluzione. La grande legge della vita è la legge del cambiamento. La malattia, qualunque essa sia, ci pone sempre davanti ad un bivio: continuare con la stessa modalità utilizzata fino a quel momento rimanendo nella malattia oppure fluire, cambiare e adattarsi per ritornare di nuovo in uno stato armonico. Imparare dall’acqua che prende la forma del nuovo contenitore, cambiando solo la forma ma non la sostanza. Abbandonare le resistenze e continuare a praticare con nuove modalità.
Il nostro equilibrio energetico viene regolarmente alterato da stili di vita errati e comportamenti alimentari scorretti. Le contratture e i blocchi energetici hanno luogo solo quando non stiamo amando noi stessi, gli altri o la nostra vita, quando sostituiamo il giudizio o il rifiuto all’accettazione; quando ci sovraccarichiamo troppo, quando subiamo perdite più o meno gravi, quando viviamo con forti attaccamenti, quando viviamo con continue forme pensiero negative, quando ci allontaniamo dalla condizione ‘naturale’ spesso a causa di esigenze di vita moderna. Ci si preoccupa, a giusta ragione, di guarire velocemente ma dimentichiamo o non siamo interessati a comprendere veramente quali siano le cause che portano al nostro disagio.
Lo Yoga è una delle Vie possibili che ci insegna e ci abitua ad ascoltare i segnali del nostro corpo, capire cosa sta chiedendo, come ci sentiamo, come respiriamo, imparando anche a ritrovare in noi la Vis medicatrix naturae (meccanismo in grado di attivare in noi stessi la forza di vera auto-guarigione), che in certi casi necessita di tempo per essere ristabilita, mentre in altri il percorso può essere più semplice, in altri ancora consiste invece nell’accettare e apprezzare nuove modalità di essere.
Alla diagnosi della malattia vi sono due possibilità: agire sulla malattia rafforzandola o sulla persona, avviando la possibilità di guarigione. Tutto dipende da che parte ci schieriamo. La fisica quantistica che ha molto in comune con le millenarie scienze orientali sostiene che “Il ruolo importante lo svolge l’osservatore; l’osservatore cambia l’osservato, quindi, la realtà cambia a seconda della scelta che facciamo”. Ci concentriamo sulla malattia o sulla persona? Ecco che la malattia ne esce rafforzata se ci concentriamo su di essa, diversamente la malattia ne esce sconfitta se ci concentriamo sulla persona. E’ proprio l’effetto osservatore contemplato dalla nuova fisica ad insegnarci che il passaggio da possibile a probabile dipende da noi.
Dovremmo imparare ad invocare lo “spirito della malattia” con amore e fiducia perchè è un potente alleato e protettore, chiedendogli umilmente di mostrarci la via, di comprenderne il messaggio, di capire dove vuole condurci.
Se il demone della malattia diventa il nostro più potente alleato, noi non ne saremo mai più vittime!
Non esiste mai un miglior o peggior modo di praticare un asana, davanti ai propri limiti fisici, ma solo il nostro personale modo in questo preciso momento. Limitazioni, rigidità e incapacità sul tappetino ci mostrano semplicemente come stiamo vivendo il nostro presente o il nostro passato più recente. La malattia in sé non è un limite, non è la fine di qualcosa, non è un handicap ma un prezioso strumento e un percorso di consapevolezza verso il senso più alto e profondo della vita e dell’individuo.