E’ pratica avanzata ogni movimento che ci porta più vicino al riconoscimento del nostro vero sè (“Lo yoga nella vita” di Donna Farhi).
Con questa definizione si può ben comprendere quanto ciò che nello yoga viene definito come avanzato non possa essere misurato con qualità o intensità, o come capacità o incapacità di raggiungere e mantenere posizioni difficili. Saper fare pratiche difficili e ardue non è certo prova di aver raggiunto realizzazioni profonde, anche se tramite tali pratiche è comunque possibile arrivarci.
Vivere il senso più profondo dello yoga ci aiuta a provare un immenso piacere ad aprire anche solo le dita di una mano, a muovere impercettibilmente una piccola parte del nostro corpo, a percepire le piante dei piedi radicate a terra, ad assaporare la sensazione di leggerezza quando in piedi riusciamo ad allineare il nostro corpo verso l’alto.
Non più sforzo, desiderio di raggiungere un traguardo, ma una distensione, un abbandono totale, dal quale l’attenzione si può propagare dentro di noi affinando col tempo la vista e l’udito interiori e amplificando anche la più sottile risposta fisica.
Il segreto è accondiscendere, muoversi in sintonia con il corpo e non contro di esso.
Invece di governare il corpo come se fosse una entità separata dal resto, ricollocare la mente al suo interno ci permette di ascoltare le informazioni non verbali e non intellettuali.
Nel momento in cui diamo piena attenzione a ogni respiro e a ogni movimento, così come a ogni più sottile sensazione, allora il corpo e la mente diventano tutt’uno .
In questo modo possiamo iniziare a sentire quanto ciò che pensiamo, sentiamo o immaginiamo sia in intima relazione con il nostro corpo fisico. In questo modo iniziamo a sperimentare uno stato di unificazione invece che di separazione. Questo è quello che distingue una pratica avanzata di yoga dal semplice stretching.
Claudia Boni (Samten Lhamo)